(Articolo pubblicato sul notiziario comunale - dicembre 2014)

 

Sono passati alcuni mesi dal Raduno Sezionale, e c’è chi dice che per Sarcedo non sarà facile dimenticare una manifestazione come quella.

Quest’anno ricorre l’80° di fondazione del Gruppo Alpini di Sarcedo e il Consiglio si è chiesto come fare per festeggiare un traguardo così importante. Risposta: portare il Raduno della Sezione di Vicenza tra le strade del nostro paese. Impresa non da poco, perché le cose da organizzare sono tante e c’è bisogno dell’aiuto di tutti. Ma, come si sente in una canzone, gli alpini non hanno paura e, rimboccate le maniche, hanno dato prova di quello che sanno fare.

Sono stati tre giorni intensi, dal 13 al 15 giugno scorsi.

Il venerdì sera è stata inaugurata la Mostra Alpina allestita nella sala consigliare, una mostra veramente interessante per gli oggetti esposti dal collezionista Pasquale Ivano, reperti della Prima Guerra Mondiale e oggetti appartenuti ai soldati che sulle nostre montagne hanno perso la vita. La serata è continuata poi nella sala polifunzionale delle scuole dove sono stati premiati i ragazzi che hanno partecipato al Concorso Scolastico dal quale era uscito il manifesto dell’Adunata. A loro vanno ancora i nostri complimenti perché, a giudizio di tutti, i loro elaborati sono stati davvero di ottimo livello. Ha poi preso la parola Valeriano Federle che ha presentato il libro del quale è autore e che racconta la storia del nostro gruppo, una storia fatta di tanti uomini che negli anni hanno fatto parte degli alpini e che hanno lasciato un segno nella vita del nostro paese. È stato un cammino alla riscoperta dei valori che da sempre animano gli alpini. Ringraziamo tutti coloro che ci hanno fornito materiale e tutti i “veci” che ci hanno fatto tornare “bocia” coi loro ricordi.

Sabato il ritrovo per tutti è stato alla palestra degli impianti sportivi per una serata all’insegna dei canti alpini. Tanti i presenti, davvero tanti, sopra ogni aspettativa. E chi c’è stato può certo confermare che ne è valsa la pena. Ad animare la serata sono stati il Coro di Breganze, il Coro ANA di Thiene e il Coro Brigata Cadore. Due ore intense ed emozionanti: l’Inno d’Italia cantato a cori uniti, con gli stessi coristi che vestivano il tricolore; canti che hanno fatto la storia degli alpini e che sono impressi indelebilmente nella loro memoria; canti più popolari che ricordano anni difficili per chi ha vissuto in queste terre; il “Signore delle cime” che tutti ormai considerano il saluto doveroso ai nostri alpini “andati avanti”; e l’Inno degli Alpini, quel “Trentatre” che risuona sempre quando ci ritroviamo alle adunate e che scandisce i nostri passi. Non poteva certo mancare per tutti i coristi il rinfresco a fine serata e di questo ringraziamo il Centro Parrocchiale di Madonnetta.

La giornata di domenica è cominciata presto per molti di noi. Tutto doveva essere pronto per accogliere degnamente quanti sarebbero venuti a festeggiare con noi: gli alpini della sezione e tutti i nostri amici. Sarcedo si è tinta del tricolore, orgoglio per noi alpini. S. Messa e alzabandiera alla presenza di numerose autorità hanno aperto la mattinata; a seguire il pranzo nel salone del Centro Parrocchiale per tutti i nostri ospiti, per preparare il quale ci siamo avvalsi della collaborazione del G.R.S.

Come è facile notare non era possibile riuscire a fare tutto da soli, ma con l’aiuto di molti ci siamo riusciti. E a loro va tutta la nostra gratitudine.

E finalmente è giunto il momento culminante dell’intera manifestazione: la sfilata dalla Piazza davanti al Municipio fino a quella di Madonnetta. Davvero impressionante il fiume di penne nere che ha marciato: oltre 100 i gagliardetti dei gruppi della Sezione di Vicenza presenti, oltre 1000 gli alpini che hanno colorato le vie cittadine con le loro camicie. Non possiamo certo dimenticare i gruppi e le associazioni che hanno aperto la sfilata: in primis il Corpo Bandistico “E. Bassani”, quindi le associazioni d’arma, il Donatori di sangue, l’Amministrazione comunale. Ci sia permesso ringraziare in modo particolare i bambini delle scuole dell’infanzia e i loro genitori perché possiamo dire che con loro la sfilata è stata davvero una festa, e i ragazzi del Progetto Giovani che ci hanno aiutato nel preparare il rancio.

A noi è spettato l’onore di portare lo striscione di Vicenza; dietro hanno sfilato gli alpini della nostra Sezione guidati dal Presidente Luciano Cherobin e da tutto i Consiglio sezionale. Quindi è toccato al nostro Gruppo. L’alfiere Giuseppe Guerra ha portato il nostro gagliardetto, il capogruppo Alberto Dal Ferro lo ha accompagnato. Alle loro spalle gli alpini di Sarcedo. Per loro solo applausi e manifestazioni di affetto, un affetto che gli alpini si sono guadagnati negli anni per tutto l’impegno che mettono nelle loro attività a servizio degli altri. A chiudere la sfilata è stato il Gruppo di Protezione Civile al quale si sono aggiunti i “nostri” uomini e donne che hanno prestato servizio durante tutta la manifestazione per garantire che tutto filasse liscio, pronti ad intervenire in caso di necessità. Anche a loro il nostro grazie più sincero.

È stato emozionante arrivare in Piazza Vellere e scoprirla completamente piena di gente. Sinceramente non ce lo aspettavamo. Hanno preso la parola il Presidente Cherobin, il consigliere regionale Ciambetti, il Sindaco Luca Cortese al quale vanno i nostri ringraziamenti più sinceri per l’impegno dimostrato durante questa adunata. Con l’occasione ringraziamo anche la passata amministrazione e gli uffici comunali per il sostegno ricevuto durante tutte le fasi di preparazione dell’evento.

Con l’ammainabandiera e il “rompete le righe” si è conclusa la 49a Adunata della Sezione di Vicenza a Sarcedo, ma noi siamo convinti che gli alpini non si fermeranno certo qui. Il Gruppo ha compiuto 80 anni e ci è piaciuto poterli festeggiare con tutti voi. Ora però nuove sfide ci attendono e siamo pronti ad affrontarle.  

E come diciamo sempre noi: W gli alpini!!!

Il Capogruppo e il Consiglio

del Gruppo Alpini di Sarcedo

Nelle giornate di sabato 11 e domenica 12 settembre 2004, il Gruppo Alpini di Sarcedo celebra il 70° anniversario della propria fondazione con una serie di manifestazioni che coinvolgono l’intera cittadinanza.

I festeggiamenti hanno inizio nel pomeriggio di sabato con il “16° Trofeo Periz”, ultima prova trofeo Scalatore d’Oro con partenza ed arrivo a Sarcedo.

Alle ore 20.00, presso la palestra comunale, ha luogo una corposa rassegna corale con il Coro di Thiene, il Coro di Piovene Rocchette e il Coro di Marano Vicentino, che presentano un repertorio tratto dalla tradizione alpina cantando la bellezza del rapporto che lega gli Alpini alla natura, riscuotendo grande successo tra il numeroso pubblico presente.

 

La domenica, poi, si apre alle ore 9.00 con l’adunata nella pazza di Madonnetta dove ha corso la cerimonia dell’alzabandiera e la deposizione di una corona al monumento Antonio Vellere.

Alle 9.15, nella stessa piazza, ha luogo l’ammassamento e alle 9.30 ha inizio la sfilata alla quale prendono parte numerosi Gruppi Alpini con i propri gagliardetti, autorità e molti comuni Cittadini. Il Corteo attraversa le principali vie del Paese e poi si stringe attorno al Monumento ai Caduti per un doveroso e commosso ricordo ai Compagni scomparsi. Il corteo tutto riprende quindi il cammino alla volta della Chiesa parrocchiale dove, alle 11.15, ha luogo la S.S. Messa celebrata dal cappellano militare colonnello Gioppo assieme al parroco don. Pompeo, durante la quale intervengono il sindaco di Sarcedo sig. Giorgio Meneghello, il capo Gruppo di Sarcedo Aldo Brunello ed il presidente della provincia di Vicenza. Alla cerimonia sono inoltre presenti il senatore Alpino Cenarle, i sindaci Alpini di Montecchio Precalcino Imerio Borriero e di Fara Vicentino Ugo Scalabrin, l’amministrazione comunale di Sarcedo e i Gruppi del Settore Astico-Brenta rappresentati dal capo zona Arbori. In questa grande festa un ruolo da protagonista l’assume l’Alpino Sante Dal Santo, del Gruppo.

Dall’atmosfera creata da questa festa, che si può dire splendidamente riuscita grazie alla perfetta organizzazione da parte del Gruppo Alpini di Sarcedo con alla testa il capogruppo Aldo Brunello, esce ancora una volta rinnovata la volontà degli alpini di essere protagonisti nel mondo dì oggi, confrontandosi con i grandi temi sociali, con la storia e le tradizioni. Sempre presenti nella realtà del volontariato ed in particolar modo nei momenti di urgente ed estremo bisogno, gli Alpini vogliono continuare ad incentivare gli incontri culturali e sportivi per rafforzare lo spirito di coesione nella società. 

(Scritto da Roberto Cappellotto)

 

Il Ministero della Difesa in data 10 aprile 1998 ha comunicato alla famiglia di Antonio Pauletto che “dagli esiti delle ricerche effettuate ...è emerso che il Vostro congiunto, sol. Pauletto Antonio, già dichiarato disperso, è stato catturato dalle FF.AA Russe, internato nel campo n. 188 TAMBOV, ove è deceduto il 28.02.1943”.
È arrivata così, dopo ben cinquantacinque anni, la risposta all'interrogativo, che si poneva con angoscia papà Michele nell'ultima lettera al figlio, penosamente datata 28 febbraio 1943, proprio il giorno della morte di Antonio in prigionia: ”Non potrai mai sapere Quanto Dolenti siano i tuoi genitori a vedere che son pas(s)ati cinquanta giorni che non ab(b)iamo tue notizie”. Ora almeno i familiari, gli amici e i compagni d'armi possono ricordarlo in pace, perché la memoria di un Disperso è un continuo tormento, come capita tuttora ai parenti delle decine di migliaia di soldati, appartenenti all'armata italiana dissolta nel gelo delle steppe russe.

Antonio Pauletto, primo di nove fratelli, era nato il 29 gennaio 1922, una classe predestinata alla tragica vicenda della campagna in Russia; il papà Michele del 1896 aveva combattuto come ardito nella Grande Guerra sul Grappa, la mamma Marianna, donna di temperamento e di fini sentimenti, era del 1898. Una vita sui campi fino alla partenza per la guerra; aveva di poco varcato la soglia dei vent'anni, quando il 18 agosto del 1942 a Gorizia salì sulla tradotta che doveva portarlo a Izium, a duecento chilometri dalla linea del fronte sul Don, distanza che avrebbe dovuto percorrere a piedi con i commilitoni della 17^ batteria del Gruppo Udine, Terzo Artiglieria, della gloriosa Divisione Julia.
Di Antonio resta ai fratelli la Croce al Merito di Guerra, conseguita nel 1967, ora possiamo dire alla memoria, ma soprattutto rimane il ricordo di un giovane buono e generoso, sensibile e attaccato come pochi altri alla famiglia e alla sua terra. Il suo profilo di ragazzo semplice e attento ai problemi della famiglia, che aveva lasciato Sarcedo, più che ai propri di soldato esposto ai pericoli della guerra e alle insidie di un clima micidiale, emerge nitidamente dall'epistolario, insolitamente numeroso, che Antonio scrisse dal fronte ai genitori e che i congiunti hanno avuto la delicatezza affettiva di conservare: ben 26 lettere spedite a casa nel breve spazio di tempo che va dal 19 agosto al 31 dicembre 1942 e ancora una che porta la data dell'8 gennaio 1943 a firma di papà Michele, struggente testimonianza di amore paterno e di speranza che non voleva morire. Le lettere alla famiglia sono tutte indirizzate ai genitori, ma Antonio non manca mai di interessarsi ai fratelli, in particolare di Dante che si trova sotto le armi, di Micheletto per il lavoro, del piccolo Vittorio di tre anni e di Romano. Il contenuto, rispetto al clima di tragedia che si andava profilando sul Don, è condizionato da almeno tre fattori: il primo indubbiamente deriva dalla censura militare, il secondo dal desiderio costante di Antonio di rassicurare la famiglia minimizzando la cruda realtà, il terzo dalla disinformazione sistematica in cui si trova la truppa, tanto più significativa in un giovane soldato catapultato dalla tranquilla vita dei campi dentro l'ostile ambiente di guerra e nelle paurose incognite delle steppe russe. La corrispondenza con la famiglia è di grande intensità e di assiduità veramente rara.
La presente pubblicazione vuole essere un omaggio dei fratelli alla memoria di un ragazzo, uno dei tanti, che, mandati a combattere una guerra non voluta, lasciarono una vita sorridente di promesse, di sogni e di speranze nella steppa e sulle ondulate alture del Don o, come Antonio, a decine di migliaia, sui nudi giacigli dei lager russi, vittime della fame, del freddo e della malattie.
In questo senso assieme ad Antonio Pauletto rivivono indelebilmente nel nostro ricordo tutti i Caduti e i Dispersi della campagna di Russia, di tutti i fronti e di tutte le guerre, anche come segno di solidarietà verso quanti hanno aspettato inutilmente per lunghissimi anni e in troppi casi attendono ancora un filo di notizia su chi non è tornato.

(Racconto scritto da Daniele Pilotto)

 

La mia vita da alpino volontario cominciò quando, il 18 ottobre dell’anno 2000, sono partito dalla stazione dei treni di Thiene con direzione Feltre, più precisamente al glorioso 7° Alpini caserma Zanittelli. Appena arrivato, dopo l’inquadramento nel piazzale dell’alzabandiera, il colonnello Dal Prà, vice comandante del reggimento, ci introdusse con parole forti e decise a quella che tutti chiamano NAJA! A seguire ci destinarono ai nostri alloggi e così senza nemmeno rendermene conto mi trovai inquadrato nella 66ma compagnia fucilieri del battaglione Feltre. Ricordo che circa trenta giorni dopo, quei ragazzi per lo più ex studenti arrivati con me quel 18 del mese precedente erano per le vie di Feltre con fucile in mano, inquadrati come un grande esercito e tutti pronti a gridare quel “Lo giuro” in piazza alta a Feltre, tra genitori e amici festanti. Dopo la prima e meritata licenza di ben 24 ore, al mio rientro in caserma mi trovai trasferito nella 264ma cp controcarri e da lì cominciò il mio vero addestramento, dall’uso di più armi, al perfezionamento fisico, alle lunghe marce su e giù tra il “Col Melone” e il “Monte Avena”.

Il febbraio successivo, mentre eravamo davanti alle nostre brande in attesa della licenza per il fine settimana, il tenente comandante della compagnia mi chiamò a rapporto e con pochissime imperative parole mi comunicò che al termine della settimana successiva sarei stato aggregato al 5° Rgt di Vipiteno nella 47° cp controcarri, per partecipare alla missione di “peace-keeping” in Bosnia Erzigovina a Sarajevo.
Carico di tutto l’affardellamento mio personale entrai in una nuova realtà del tutto diversa da quella a cui ero abituato, ma molto simile per ciò che riguarda gli aspetti umani dell’essere Alpino. Arrivò finalmente il giorno della partenza da Vipiteno a Sarajevo, passando dall’aeroporto di Verona.
L’inizio non fu dei migliori, tanto che oggi a distanza di tempo mi metto a ridere quando qualcuno parla che in caserma in Italia era difficile “tirar avanti”. Gli alloggi a Sarajevo erano tutto tranne confortevoli, tanto che lo stabile destinato ai nuovi arrivati veniva chiamato “piano medusa”, non so ancora oggi il nesso logico, però ricordo che eravamo in 42 a dormire nella stessa stanza, che non c’erano servizi igienici funzionanti all’interno e che non c’erano né vetri né alcun tipo di riparo sugli infissi delle finestre (fuori per la prima settimana nevicava) e per riuscire a vedere dove mettere i piedi ci arrangiavamo con candele o piccole torce a batteria. Da subito capii che sarebbe stata “dura” ma come mi era stato insegnato ”gli alpini non hanno paura…” così affrontai questa esperienza a testa alta e con impegno perché solo così si oltrepassano le difficoltà.
Su centoventidue giorni di permanenza nella Task-Force italiana i giorni di guardia sono stati ben ottantotto, i restanti tra pattugliamenti in città, esercitazioni, notti di pronto intervento e una missione operativa di tre giorni a Mostar.
Ricordo quello che ci dissero i nostri “veci” prima del loro rientro in patria: “prendete qualcosa da mangiare al mattino in mensa e portatelo con voi quando andrete di guardia al “monte Hum” o quando andrete di pattuglia esterna diurna”. Subito non riuscivamo a capire cosa quelle parole significassero, ma non ci volle molto, infatti alla prima guardia “su al monte”, il mezzo che ci trasportava arrancava su per quella ardua salita contornata da case, e al nostro passaggio da quelle stesse case uscivano ragazzini che rincorrendoci speravano di ricevere una mela, una bibita o qualsiasi altra cosa che a loro non era possibile avere. Ci sentivamo felici ogni volta che ci assegnavano il turno di guardia a quella torre in cima al monte, perché era bello vedere quei sorrisi e quelle facce così felici da farti passare la notte di guardia leggeri nel cuore e nello spirito, perché consapevoli di aver fatto qualcosa di buono.
E così arrivò quel 5 luglio che vide il nostro rientro in patria e di conseguenza il mio rientro al 7° di Feltre.
E sì… ero io finalmente un “vecio” pronto al congedo e al rientro alla vita civile, e come me anche tutti gli altri del 10°/2000, gli stessi che la sera del 17 ottobre 2001 si ritrovarono a marciare per le vie del centro di Bassano e a salutarsi su quel Ponte che tante ne vide… 

[…] 2-8-1944 alle ore 3.35 muore il soldato Carraro Tarcisio di Luigi e Paoletti Anna, nato il 8-5-1920 a Sarcedo (Vicenza) ivi domiciliato in Via Igna - appartenente al 57 Rgt Art. – n. prig. 233191 IV/B tomba n. 309 […]

 

articolo(da un articolo di giornale pubblicato nel marzo del 1920)

 

Si svolge domenica la cerimonia ufficiale di accoglienza e tumulazione della salma del soldato Tarcisio Carraro, rimpatriato dalla germania.

Le spoglie sono tornate a Sarcedo lunedì 2 marzo; la decisione di posticipare la cerimonia a domenica è stata presa per dare modo a tutta la popolazione di rendergli omaggio e, con lui, a tutti i soldati caduti in guerra; la salma, al momento dell'arrivo, è stata posta, ricoperta dal tricolore, in una cella appositamente allestita, mentre sui pennoni veniva innalzato il tricolore, che sventolerà fino a domenica.

La storia di tarcisio Carraro, come quella di tanti altri soldati italiani morti in guerra, è particolarmente commovente. Nato a Sarcedo l'8 maggio del 1920, si recò giovanissimo, insieme al fratello Vittorio, in Piemonte dove per qualche anno lavorò in miniera. Avev 18 anni quando fu chiamato a svolgere il servizio di leva. Tornò a casa solo due volte, poi fu trattenuto e, nel 1940, mandato al fronte. «L'ultima volta che tornò - racconta il fratello - nel salutare la mamma le disse, in un crudele presentimento: 'Non ti rivedrò più'». Fu preso prigioniero l'8 settembre del 1943 e rinchiuso nel campo di concentramento di Zeithen in Germania dove (a volte la crudeltà umana non ha limiti) fu lasciato morire di fame quando aveva solamente 23 anni.

Nella sua ultima lettera c'era scritto: «Cara mamma, questa lettera la faccio scrivere da un mio compagno perché sono ferito a una mano...» e invece era in punto di morte, senza neanche più la forza di scrivere - è la testimonianza di un breganzese suo compagno di prigionia, scampato miracolosamente alla morte, che lo aveva assistito fino alla fine.

Vittorio Carraro, con le sorelle Caterian, Angela, Elvira e Bertilla, ricorda Tarcisio come un ragazzo buono e laborioso. «La notizia della sua morte - racconta - ci fu portata dall'allora sindaco di Sarcedo Dal Ferro, e gettò nella disperazione i nostri genitori, che fino all'ultimo avevano sperato di vederlo tornare».

Il programma della cerimonia, con la quale l'amministrazione comunale intende rendere omaggio anche a tutti gli altri soldati italiani caduti in guerra, prevedere alle 10 raduno al Centro sociale e alzabandiera; alle 10,15 corteo e commemorazione ufficiale davanti al monumento ai caduti; alle 11 messa nella chiesa arcipretale e alle 11,45 tumulazione ufficiale.

 

 

   Tarcisio Carraro 1