In questo anno il Gruppo Alpini Sarcedo decide di dare vita ad una festa che prende subito il nome di “Festa del tesseramento”. Una festa aperta non solo ai soci Alpini ma anche ai loro famigliari e simpatizzanti, con lo scopo preciso di coinvolgere nella vita del gruppo anche mogli, morose, figli e amici degli Alpini associati e cogliere l’opportunità con questo incontro per fare il resoconto delle attività svolte durante l’anno trascorso e presentare quelle decise per l’anno a venire.

 

  

 

GRUPPO ASTICO BRENTA

Il comm. Dalle Rive è anche Capo “Zona Astico Brenta”, comprendente i comuni di Sarcedo, Montecchio Precalcino, Povolaro, Sandrigo, Poianella e Passo di Riva.

direttivoDa sinistra a destra, dall’alto in basso i componenti del direttivo:
Segalla Luigi, Fioravanzo Claudio, Crivelletto Ernesto, Gallio Giovanni, Dalle Rive Francesco, Veronese Francesco, Campagnolo Girolamo, Savio Umberto, Campese Achille, Bertoluzzo Antonio, Busa Valerio, Carollo Nazario, Brazzale Venuccio, Pauletto Flavio, Maccà Luciano, Tedesco Francesco.

 

Alcune testimonianze delle Feste del Tesseramento raccontate dallo stesso cav. Dalle Rive:

- Anno 1980 (visualizza)

- Anno 1981 (visualizza)

- Anno 1982 (visualizza)

- Anno 1983 (visualizza)

- Anno 1984 (visualizza)

- Anno 1985 (visualizza)

Anche nel nostro centro, dove il sentimento patriottico ha remote origini ed è sempre coltivato e profondamente sentito, ha luogo la cerimonia per la ricorrenza del Centenario di fondazione del Corpo degli eroici Alpini e per quella, felicemente concomitante, nella costituzione della fiorente Sezione di Vicenza delle Penne Nere d'Italia.

È stato un avvenimento impeccabilmente organizzato dal locale Gruppo ANA, del quale è da ben 25 anni entusiasta ed efficace guida il cav. Francesco Dalle Rive, un valoroso superstite della campagna di Montenegro nella Seconda Guerra Mondiale con il Batt. Val Leogra, e perfettamente riuscito in ogni suo dettaglio nonostante l'imperversare del tempo. Infatti tutto si è svolto regolarmente come da programma:

 

  • raduno alle 10 sulla piazza principale;
  • celebrazione della messa in suffragio dei Caduti e dispersi di tutte le guerre nella chiesa parrocchiale da parte del padre cav. Ignazio Faccin, il popolare cappellano militare del Val Leogra. Nel corso della celebrazione viene anche benedetto il nuovo gagliardetto del Gruppo (assente la madrina sig.ra Dell'Orto degnamente sostituita dalla sig.na Lina Carollo, sorella di un caduto e di un disperso nel recente conflitto e figlia di un alpino ultra ottantenne) e pronunciato un avvincente discorso che ha commosso i presenti;
  • omaggio floreale al monumento dedicato ai Caduti e Dispersi di tutte le guerre e orazione ufficiale, elevata ed estesa rassegna delle esaltanti imprese degli Alpini di tutti i tempi, dell'avv. comm. Vincenzo Periz dinamico presidente sezionale;
  • sobrio rinfresco seguito da un fraterno e succulento rancio al Ristorante «al Cavallino», nel corso del quale vengono pronunciati ancora interventi oratori ad opera del sindaco Giuseppe Zerbaro e dell'avv. Periz che applauditissimo ha consegnato al cav. Dalle Rive un distintivo d'onore dell'ANA in segno di riconoscimento della sua benemerita ed efficiente opera in favore della organizzazione alpina. Apprezzatissime le patriottiche esecuzioni di cante e di inni da parte della Corale dell'ANA di Sandrigo e del complesso musicale di Sarcedo. Plebiscitario l'intervento delle scolaresche e delle rappresentanze varie della zona e con le autorità citate anche il Col. Strata del Comando del distretto militare di Vicenza, il Ten. Di Jorio comandante la tenenza dei Carabinieri di Thiene, il dr. comm. Dal Pozzo alpino e segretario generale del Comune di Vicenza, il cav. uff. Dall'Igna presidente dei Combattenti, il parroco don Attilio Manfron, il cav. Isidoro Dal Medico Capo Gruppo del «Tosato di Vicenza », il comm. Faccin di Thiene e altri. 

     

     

     

Gli anni '50 sono quelli del boom economico.

Tutti sono presi dal lavoro per far crescere economicamente la propria famiglia e così anche l’Italia, ma nel poco tempo libero che rimane i nostri Alpini trovano il modo per mantenere la promessa fatta e rendere onore al ricordo dei caduti presenziando alle manifestazioni combattentistiche e d’arma comunali come quelle del 4 novembre e del 25 aprile, alle adunate nazionali e sezionali o alle adunate sull’Ortigara o quelle sul Pasubio facendosi inoltre promotori di varie attività sul territorio.

Sentono però che manca qualcosa, qualcosa che aiuti a ricordare gli Alpini che hanno dato la loro giovane vita per la Patria.

Manca un Monumento!

 

La proposta viene discussa, vagliata, studiata; le idee ci sono e anche significativamente audaci …

dalle rive francescoNel 1961 viene eletto capogruppo Francesco Dalle Rive, che poi diverrà anche sindaco di Sarcedo.

Si ritorna a parlare con insistenza del Monumento, di un Monumento ai Caduti di tutte le guerre e per questo si pensa di coinvolgere tutta la popolazione che risponde con grande partecipazione e generosità. È deciso il Monumento si farà.

A questo punto però sorge un nuovo problema: dove lo si andrà a collocare? La piazza del paese è piccola e non c’è spazio.

Ma gli Alpini non hanno paura… e ben presto si decide di sbancare una parte della collina che delimita la piazza per creare lo spazio necessario.

Purtroppo i problemi non sono finiti: c’è un capitello, edificato molti anni prima dai sarcedensi e dedicato alla Madonna Addolorata col Cristo deposto dalla Croce come voto per scongiurare il diffondersi della peste nel paese, che delimita l’area da smantellare il quale, chiaramente, nessuno intende abbattere per fare posto al monumento.

Ancora una volta i nostri Alpini non si perdono d’animo e trovano un’ingegnosa soluzione anche a questo nuovo problema: il capitello verrà spostato in blocco, senza neppure muovere un mattone. Viene preparata la nuova sede che dovrà accogliere il capitello e, con l’intervento delle potenti gru dei soldati americani di stanza a Vicenza, il 30 marzo 1962 il capitello viene imbrigliato con dei cavi d’acciaio, sollevato e posto intatto sul nuovo piedistallo.

Ora la strada è completamente sgombra per poter procedere con lo sbancamento della collina ed iniziare i lavori di costruzione.

capitello 01  capitello 02  capitello 05   

 

Finalmente l’8 aprile 1962, il Monumento, in marmo e in bronzo, opera dello scultore Egisto Caldana di Vicenza, viene inaugurato.

 

Si organizza una grande cerimonia alla quale sono presenti, oltre a tantissimi Alpini, tutta la popolazione, il Prefetto Nicosia, l’On. Cengherle, l’On. Fornale, il Generale Cunico, il Maggiore Adami, il Maggiore Pesa, il valoroso Capitano Milan, i Generali e Ufficiali della Setaf ed il Sindaco e Capogruppo Dalle Rive. Ufficia la SS Messa il Rev.mo Padre Faccin, che conosce bene tutti gli Alpini di Sarcedo per averli assistiti sui campi di battaglia. È l’On. Cengherle a pronunciare il discorso di inaugurazione.

Grande emozione si respira tra gli Alpini di Sarcedo durante tutta la cerimonia, mossa dall’orgoglio di essere riusciti, con l’aiuto di tutti i paesani, ad edificare, per i loro Fratelli Caduti di qualsiasi arma, un Monumento che li ricordi, affinché ognuno, passando davanti al Monumento abbia a meditare, a pregare e rendere omaggio a Coloro che con il loro sangue ci hanno dato la possibilità di vivere oggi in libertà.

 

 

 

 

 

IL DISASTRO DEL VAJONT RACCONTATO DALL’ALPINO ARDUINO PARISOTTO

Mi presento: Parisotto Arduino, 7° Alpini – Compagnia Comando – Caserma Salsa – Soccorritore a Longarone.

È il 9 ottobre 1963. Ore 22.39: cade la frana sulla diga del Vajont.

Siamo in caserma al 7° Belluno quando alle ore 23.00 suona l’allarme: “Sarà il solito addestramento” pensiamo, e invece ci dicono di preparare lo zaino leggero. È emergenza, qualcosa di grave è successo alla diga del Vajont.

Ore 3.00 del 10 ottobre 1963: si parte. A Ponte delle Alpi il convoglio si ferma in attesa di istruzioni ma la tensione comincia a farsi sentire e la consapevolezza di un disastro si concretizza.

La strada è ostacolata da detriti di tutti i genere. A Faè, 6 chilometri da Longarone, tutto è bloccato. Bisogna proseguire a piedi. Scendiamo dai camion e a mani nude cominciamo a liberare la strada: si avanza solo a piedi. Alle prime luci dell’alba uno scenario apocalittico si apre davanti ai nostri occhi ed il terrore di quello che è accaduto nella notte si fa strada davanti a noi. Indescrivibile! Quello che è rimasto ha tutto lo stesso colore: fango, distruzione e morte. A gruppi di 10 soldati ci siamo inoltrati in quell’inferno per recuperare quello che restava della dignità umana: attimi di vita immortalati per sempre, scene di vita quotidiana straziate dalla forza devastante dell’acqua.

Ricordo nell’angolo di una casa un nonno con il nipotino in braccio che tentava di proteggere dalla violenza dell’impatto con l’acqua due coniugi, presumibilmente coricati nel proprio letto, denudati e pietrificati dal fango. Teste senza corpi nel ruscello che scende da Pirago verso la Valle del Piave.

Ore 15.00 del 10 ottobre 1963: prima sosta di riposo. Ammutoliti, straziati dal dolore con il cuore gonfio di sofferenza e gli occhi che non riuscivano più a trattenere le lacrime, ci sentivamo tutti fratelli, madri, padri di quelle persone che eravamo costretti a mettere in fila per un riconoscimento da parte di qualche famigliare, che risultava alquanto difficile ricomporre i corpi straziati e sfigurati; con religiosa tenerezza era il minimo che potevamo fare. Non si può dimenticare! In una notte, noi giovani 20enni ci siamo ritrovati adulti e abbiamo riscoperto la nostra profonda umanità.

Qualche giorno dopo il disastro sono arrivate le ruspe e noi alpini dovevamo recuperare i cadaveri imprigionati nel fango e tra i detriti. L’odore acre della morte era ovunque e per molto tempo è rimasto impresso nelle nostre narici e nella nostra mente.

Altro momento straziante è stato il ritorno degli emigrati. Come ritrovare i propri affetti in mezzo a un deserto di morte? Avevamo allestito una casa prefabbricata per radunare tutte le foto, i ricordi, i nomi che avevamo trovato e lì chiunque poteva cercare con desolante calma quello che era rimasto dei propri cari, delle proprie case. A noi militari non mancava la forza e la volontà di aiutare ma a volte le gambe ci tremavano davanti a tutto quel disastro, a tutto quel dolore. Alla morte.

Il 4 novembre 1963 la mia compagnia “Comando” ha sfilato a Firenze in occasione della Festa dell’Arma e al nostro passaggio davanti alle tribune delle autorità ci hanno presentati come “Gli Angeli Soccorritori di Longarone”. Si, è vero! Siamo stati proprio degli Angeli per quelle persone, perché nella nostra umanità li abbiamo onorati. Questo titolo lo ha ribadito anche l’attuale sindaco di Longarone Roberto Padrin in occasione del 50° dal disastro il 9 ottobre 2013.

La bandiera del 7° Reggimento Alpini è stata decorata di medaglia d’oro al Valore Civile.

Gli Alpini di Sarcedo che hanno partecipato al soccorso sono: Campese Achille, Cappellotto Renzo, Castello Adriano, Parisotto Arduino, Salbego Danilo e Sperotto Luigi. Questa esperienza ha lascito un segno indelebile nel nostro cuore di giovani Alpini e mai più potrà essere cancellato.

 

GLI ANGELI SOCCORRITORI DI LONGARONE … SARCEDENSI

Campese Achille  Cappellotto Renzo  Castello Adriano

Parisotto Arduino  Salbego Danilo  Sperotto Luigi

 

La Seconda Guerra Mondiale interrompe inevitabilmente le attività del neonato Gruppo lasciando un grande vuoto nella Famiglia Alpina, ma a guerra finita gli animi si accendono nuovamente e si procede alacremente alla ricostituzione.
Ne sono promotori, oltre ai “veci” anche dei giovani, fra i quali: Francesco Dalle Rive, Serafino Gollin, Francesco Tedesco e Battista Borriero. Nel 1947 si inaugura il secondo gagliardetto; la madrina è la sig.ra Anna Biasutti, mentre il Cap. Giovanni Lovison subentra a Giovanni Pasin come capogruppo.

 

Questo l’elenco del rinato Gruppo.

Barbieri Antonio Fantin Antonio Pasin Pietro (detto Rino)
Bianchetto Giovanni Franzan Antonio Pigato Giovanni
Brazzale Andrea Franzan Giovanni Pigato Giuseppe
Brazzale Antonio Gechelin Domenico Pigato Pietro
Campese Lorenzo (detto Beto) Lovison Giovanni (il maestro) Pigato Umberto
Cappozzo Giovanni Meneghini Antonio Pigato Vittorio
Cappellotto Pietro Mioni Giovanni (detto Bepa) Ranzolin Andrea
Carollo Eugenio (detto Ninin) Moserle Giovanni Rigon Giovanni
Carollo Nicola Munarini Giovanni Santagiuliana Silvio
Corradin Antonio Nanto Giuseppe Sperotto Giuseppe
Cortese Antonio Paoletto Giovanni Sperotto Osvaldo
Costa Paolo Paoletto Pietro Squarzon Antonio
Chemello Giuseppe (detto il Moro) Pauletto Valentino Stella Girolamo
Dal Ferro Bortolo Parisotto Giobattista Tedesco Francesco
Fantin Angelo Pasin Giovanni Zappieri Giuseppe